Ceppi Christian | Maggio, 2014
Eccomi qui. Al termine di diversi mesi di duro allenamento, qualche acciacco, e molti km percorsi, finalmente mi trovo nel deserto. Dopo diverse ore di viaggio arriviamo al primo campo base dove ci sistemiamo nella tenda n.92, quella che sarebbe stata il nostro “rifugio” per la settimana seguente, e dove incontriamo per la prima volta i nostri compagni di avventura, quelle persone che, insieme a noi quattro ticinesi, sarebbero stati coloro con i quali avremmo condiviso le gioie (e i dolori!), le vittorie e le sconfitte, le risate e i pianti di questo tratto di vita comune che sicuramente non avremmo dimenticato mai.
I primi giorni di acclimatamento nel deserto passano veloci, in uno stato di euforia ed eccitazione e ancora mille dubbi sulla preparazione dello zaino in vista dei controlli tecnici; ma poi, a pensarci bene, quali dubbi? Perché farsi mettere sotto pressione dallo sbirciare negli zaini degli altri, farsi tentare da qualche comodità in più, arrischiarsi nel fare cambiamenti dell’ultimo minuto... quando io, in fondo, so già perfettamente cosa deve contenere il mio? Paolo, due giorni prima della partenza, al telefono mia ha ripetuto: “Christian, se vuoi fare un buon risultato, non puoi portarti sulle spalle 10kg... la fame la dovrai sentire, e tutto il resto, nel deserto, è superfluo....”
Siamo alla partenza: “Highway to hell” rimbomba nell’aria, almeno quanto il battito cardiaco rimbomba nella mia testa. Sono un novellino degli ultra trail, davanti alla linea di partenza sono consapevole della mia inesperienza, e ho solo una vaga idea di ciò che mi aspetta... Partiti! Dopo 3km di sterrato facile entriamo nell’Erg Chebbi –lungo 12km– e sento subito che sarà pesantissimo, soprattutto quando, dopo soli 3km di dune di sabbia, mi accorgo di avere già le prime fiacche ai piedi... e, come se non bastasse, gestisco male l’acqua che finisce 20 minuti prima del primo CP... Noooooo! Ripenso a Paolo, a quando mi diceva di non preoccuparmi del pericolo di disidratazione durante la 1. tappa, e vado avanti... Finalmente finisce il primo Erg e arrivo al CP1: bevo, mi rinfresco, prendo un gel, e riparto... Il percorso davanti a me è ancora parecchio pesante: oued, dune, vallonato, jebel... passo tranquillo il CP2 e mi dirigo verso il traguardo della prima tappa. Arrivo al Bivacco 1 e mi rendo conto che c’è in giro poca gente... e subito capisco che il mio caro amico Edo aveva ragione quando mi diceva “se al tuo arrivo al bivacco c’è poco movimento significa che non sei andato male...”. A fine pomeriggio guardo la classifica generale: sono 61.esimo... e sono felice!
Si parte subito con delle dune e un altro oued dove si sprofonda sotto la sua crosta per poi passare a un plateau leggermente pietroso fino all’arrivo al CP1. Mi sento bene (non vorrei dire.. ma credo di essere nel flow :P) e cosi inizio a “spingere” fino al CP3, dopo il quale, però, il terreno torna ad essere molto pesante: davanti a noi si presenta lo Jebel ElAbeth, con una pendenza del 15%, che scopriremo più tardi non sarà il più ripido della gara, ma sul momento ci sembra già piuttosto estenuante, tanto che persino il personale sanitario, data l’alta temperatura, ci invita a oltrepassarlo camminando anziché a corsa. Riprendo il ritmo-gara e affronto un nuovo letto del oued, uscendo su un terreno pietroso; mancano solo circa 4km al termine della tappa, ma purtroppo vado in crisi-nera... sento le gambe pesantissime, i piedi mi dolgono a causa delle fiacche –vecchie e nuove–... mi trovo all’interno di una gola e qui il caldo mi sembra diventato insopportabile... ho perso la concentrazione, la testa vaga e non riesco più ad impormi di continuare a correre... cammino per un tratto, fino a quando, poco dopo, scollinando vedo in lontananza il Bivacco 2 e nel frattempo alcuni concorrenti mi sorpassano ma allo stesso tempo mi incitano a riprendere a correre... nella testa mi sento rimbombare la voce di Paolo che dice “Be a champion, Chris!”, cosi riprendo a correre e mi accodo agli altri fino a raggiungere il traguardo della 2. tappa: sono arrivato 36.esimo... e pensare che sono pure andato in crisi! Mi accomodo nella mia tenda per rifocillarmi e verificare la situazione-piedi e mi rendo conto ben presto che questo ottimo posizionamento ha avuto il suo prezzo da pagare: i piedi sono peggio di quanto pensassi e risolvo il problema solo grazie alla “pietà” di un grandissimo campione (Filippo) che per mia fortuna si trova nella tenda accanto e che dall’alto della sua esperienza mi guarda e mi dice (serio): “se vuoi stabilire il record delle unghie perse alla MdS continua a correre con quelle calze...”. Accetto il suo paio “in dono” (inutile dire che mi salveranno la gara e che terrò come un cimelio), e felice come un bambino a Natale mi metto a riposare...
Piedi messi a nuovo grazie alle calze regalatemi (un miracolo!) e ai consigli di Paolo, sono prontissimo ad affrontare la 3 tappa,
sebbene questa mattina nella tenda n.92 aleggia un aria di tristezza: Lorenzo, a seguito di un problema fisico che non gli
permette di proseguire, ha preso la decisione di ritirarsi dalla MdS. Lo salutiamo tutti, e io e Edo lo accompagniamo fino alla
jeep che lo riporterà a Ouarzazate. È dura salutare un amico con il quale pensavi e speravi di arrivare al traguardo, ma ritengo
che in una gara come la MdS ci voglia più coraggio a ritirarsi che ad andare avanti, e noi, invece dobbiamo mantenere la
concentrazione perché continueremo la nostra gara.
In partenza mi posiziono più o meno al centro del gruppo: come risulta subito visibile dal roadbook, la tappa che ci attende è
relativamente corta ma molto tosta. Riesco a tenere un buon passo che mi permette di passare molti corridori fino al CP1, ma
qualche km dopo il rifornimento mi trovo davanti lo Jebel Foum al Opath, (1km con dislivello medio del 12%) che decido di
affrontare camminando: mi accodo ad una ragazza americana (che risulterà poi essere la vincitrice di categoria) e tengo il
suo passo fino alla cima. Una volta raggiunta la sommità, quando penso che il peggio sia passato, mi rendo conto che le gambe
sono cosi contratte per lo sforzo della salita che faccio fatica persino a correre in discesa. Non mi do per vinto e continuo
a seguirla e infatti le sono proprio dietro quando, nel tratto seguente caratterizzato da dune piuttosto alte, mentre ci
troviamo praticamente soli, lei sembra per un istante smarrita, estrae la bussola e in un men che non si dica imposta i
gradi corretti che ci indicheranno la direzione da seguire.
Al 27km arriva la temuta “crisi”: non riesco a gestirla e mi ritrovo a dover camminare nuovamente per un breve tratto quando
mi raggiunge Maurizio, che fino a quel punto era un ragazzo che conoscevo a mala pena, ma che da questo momento diventerà un
grande amico nonché un ottimo alleato. Capisce il mio stato d’animo e mi esorta a non mollare: mi propone di riprendere la
corsa ripartendo con un’andatura più blanda e mi rinfresca la testa con la sua (tanto preziosa) acqua. Sono sconcertato: quel
gesto, apparentemente cosi semplice, per me significa davvero molto, e credo che non lo scorderò proprio mai.
“Tieni su la testa e stai dritto”, questo sarà la frase che mi ripeterà per i prossimi 150km che faremo insieme... e alla quale
io risponderò sempre “Prendi il sale e ricordati di bere!” :P
Ripartiamo di buon passo, che manteniamo fino al traguardo, tagliandolo insieme al 33.esimo posto. Un immagine, questa,
che mi porto nel cuore e che resterà uno dei momenti, per me, più belli di tutta questa avventura. Raggiungo la tenda e sono
solo: è qui che mi rendo consapevole per la prima volta che posso davvero fare bene e che il grande Paolo mi ha preparato
davvero magnificamente.
Tanta emozione... oggi parto tra i TOP 50 quindi 3 ore dopo i miei compagni ma insieme a Maurizio, con il quale abbiamo stretto
un patto di tentare di “tirarci a vicenda” ma senza condizionare la gara l’uno dell’altro. Dopo la partenza del gruppo restiamo
in tenda con i profi ad attendere il nostro turno, e qui ne approfittiamo per rubare qualche consiglio utile per il “tappone”
da chi, come loro, ha tanta tanta esperienza... e qui sto parlando di gente come Marco Olmo (alla 19.esima presenza allaMdS, ma
che in realtà avrebbe preferito essere a casa alla guida della sua nuova Fiat Abarth...), Filippo Salaris (che si assicura che
io indossi le sue calze :P), i due gemelli-rivelazione Gras, Laurence Klein (che arriverà 2. nella classifica femminile) e tanti
altri “mostri sacri” della MdS...
Il tempo vola, pranziamo, e in men che non si dica siamo in linea di partenza. Partiamo, e con Maurizio impostiamo un buon passo,
cercando di non farci condizionare dalle “lepri” con ritmo che non è il nostro. Il terreno iniziale è sterrato con grossi sassi,
e poi via via diventa pesantissimo, con Oued dove si sprofonda e a seguire sabbia...raggiungiamo finalmente il CP1 al 9km e
volgendo lo sguardo verso sinistra vediamo ciò che ci attende a breve: l’impervio Jebel ElOtaf (pendenza 12% con i 500m finali
al 30%). Lo affrontiamo carichi, ma il caldo e la forte pendenza ci ammazza le gambe... 2km di sofferenza... ma arrivati in cima ci
permettiamo qualche secondo per voltarci e goderci la vista: lo spettacolo è mozzafiato!La soddisfazione è tale che ci sentiamo
più carichi, cosi proseguiamo di buon passo fino al CP2, che oltrepassiamo senza indugi, soprattutto grazie agli incitamenti dei
concorrenti, partiti prima di noi, che iniziamo ad incontrare (e sorpassare) sempre più di frequente. Al CP3 (32km) decidiamo
di concederci poco più di 1 minuto di sosta per un piccolo spuntino prima di affrontare una nuova salita in una gola. Il colpo
psicologico viene inflitto al 39,5km, quando incontriamo davanti a noi lo Jebel Mhadid al Elahau (pendenza 13%): non credo ai
miei occhi, sono solo 2.2km di salita, ma mi sembra immenso. Siamo appena a metà tappa e vorrei arrendermi ma per fortuna gli
altri concorrenti continuano ad incitarci, cosi proseguiamo raggiungendo il CP4 (45km). Sta scendendo la sera che ci allevia
dalla calurae io sono nuovamente in crisi (un’altra volta!) ma Maurizio mi sprona a tenere duro: tra gel, salamini, taralli e
frutta secca arriviamo al CP5... e mi sento di nuovo in forma. Dentro di me continuo a ripetere come un mantra “Chris, sei una
macchina da guerra!!!”. Il dolore ai piedi è passato, forse perché quando oltrepassa una certa soglia scompare: inizio a pensare
ad altro, come a casa, a mia moglie... e tante altre che non posso scrivere... insomma tento di distrarmi, ma sempre restando
vigile e concentrato sull’essenziale, ovvero muovere le gambe, respirare, bere, prendere il sale...! E via, altre dune, altra
sabbia, sassi, salite, laghi prosciugati,...un massacro. Passiamo ancora un sacco di concorrenti: molti di loro non alzano neppure
la tesa al nostro saluto tanto sono in crisi (cosi io e Maurizio iniziamo a chiamarli “gli zombi del deserto” :P). Finalmente
cala la notte: è buio e correre nel deserto alla sola luce della luna e della nostra frontale è magico, ti sembra di poter
toccare le stelle con le dita... e poi la pace, se possibile, ancora più tranquillità di quella che si percepisce di giorno.
Ci godiamo il momento, ma non dimentichiamo gli oltre 60km che abbiamo alle spalle (e nelle gambe): al CP6 la stanchezza
provoca al mio amico una sensazione di nausea, ma io non riesco a spronarlo altrettanto bene come lui ha saputo fare più
volte con me. Cosi lo riesco ad aiutare solo dandogli una pastiglia che lo aiuti contro questo malessere che purtroppo non
ha un effetto cosi immediato come speriamo, quindi lui mi incita a non fermarmi e proseguire verso il traguardo da solo.
Dapprima sono combattuto: è vero che questo era il nostro patto sin dall’inizio ma mi dispiace lasciarlo solo e soprattutto
avrei voluto replicare il nostro arrivo al traguardo in coppia, ma non perdo altro tempo e lo assecondo. Riparto e percorro
gli ultimi 10km spingendo a più non posso, con tutte le energie che ho dentro e di cui sono capace. Sono cosi stanco che
fatico persino a bere ma mi sforzo, inoltre non ho più nessuno al mio fianco che mi ricordi di “stare dritto e tenere su
la testa”. Raggiungo un ragazzo di Zurigo già incontrato durante le tappe precedenti che mi chiede come mai, dopo oltre
10 ore di corsa, stia andando ancora cosi veloce, cosi gli rispondo che a casa è già tardi, e che voglio riuscire a
chiamare mia moglie al più presto! Dopo l’ultima duna, mancano ca5km al traguardo, scolliamo e vediamo in lontananza
le luci del bivacco: è quasi finita. Più correvo, aumentavo il passo e il ritmo, e più l’obiettivo sembrava allontanarsi:
mi credereste se vi dicessi che sono stati forse i 5km più lunghi di tutta la MdS?? Ma finalmente arrivo... e sono 33.esimo!
Vado immediatamente a telefonare a casa, e poco dopo arriva anche Maurizio... la mia pastiglia ha funzionato :P
Reduci da una giornata di assoluto riposo (stesi tutto il giorno nella nostra tenda senza muoverci troppo dando ascolto a Edo
che diceva “Ragazzi non sprecate energie inutilmente e risparmiate kcal”), mi sveglio abbastanza in forma; peccato solo per
quel dolore alla caviglia che sento non appena mi metto in piedi e che fa insinuare dentro di me il pensiero che, malgrado
sia l’ultima tappa, non sarà per niente facile né da sottovalutare. Si parte, e in cuor mio non vedo l’ora di finire questa
maratona, non solo perché significa arrivare al traguardo (e non solo di tappa, ma dell’intera avventura) ma anche perché
là c’è mia moglie che mi aspetta, che è arrivata ieri notte in Marocco per vedermi tagliare quel traguardo. Il primo tratto
fino al CP1 scorre bene, e proseguiamo senza grandi problemi. Maurizio mi tiene d’occhio, come di consueto, la “postura”,
mentre io (che come dice lui sono puntuale e preciso come un orologio svizzero) mi occupo di ricordagli di prendere la sua
dose di sale ogni ora. Arriviamo al CP2, siamo al 23km: prendo un gel, bevo, mi rinfresco la tesa, camminiamo qualche
manciata di secondi per riprende fiato e riprendiamo a correre. E qui, tutto d’un tratto, percepisco un fastidio al
quadricipite della gamba sinistra: non gli do troppo peso e continuo a correre. Ma poco dopo mi rendo conto che il fastidio
si è presto trasformato in dolore, dapprima sopportabile e poi via via sempre più intenso. Dico a Maurizio che è ora che
sia lui a rispettare il nostro patto e di andare verso il traguardo, dal momento che io non riesco più a mantenere lo
stesso ritmo e rischierei di rallentarlo. Caspita, non ci voleva proprio oggi, non qui, non a 15km dal termine… se fosse
necessario a questo punto percorrerò gli ultimi km a quattro zampe… ma mi scoccia terribilmente sia perdere terreno che
posizioni in classifica, ma soprattutto so che mia moglie all’arrivo mi attende e si potrebbe chiedere dove sia finito…
incontro sul percorso una jeep dell’equipe medica ai quali chiedo un antidolorifico che però non hanno, e mi danno invece
qualche altro blando medicamento che purtroppo non funziona; continuoa correre come posso e passo il CP3 al 33km. Il terreno
è pesantissimo, il dolore diventa sempre più acuto e alterno corsa e camminata fino al 36km quando vedo un altro 4x4 dell’equipe
medica presso la quale faccio un nuovo tentativo chiedendogli un antidolorifico. Il medico lo cerca per 2-3 minuti
“Attend, attend!” continua a ripetere mentre io divento sempre più impaziente, ma non posso farne a meno, sento la muscolatura
che si sta raffreddando, il muscolo irrigidirsi sempre di più, e il dolore aumentare, fino a quando si volta verso di me e
mi dice che non ne ha più… mi sento male e mentre mi allontano “zoppettando” lo mando al diavolo… a questo punto capisco
che dovrò trascinarmi fino alla fine, cosi riprendo a corricchiare, anche se decisamente non ad un gran ritmo. Ormai
sono nel tratto finale della maratona, che si compone di rilievi sabbiosi e pietrosi, e ad ogni discesa vedo le stelle
dal dolore. Penso solo a finire e a limitare il danno, sperando che questo “inconveniente” non danneggi troppo la mia
posizione in classifica.Ma finalmente ecco che scollino l’ultima duna e vedo in lontananza il traguardo: affronto l’ultimo
tratto pianeggiante che mi conduce all’arrivo, e riconosco in lontananza mia moglie che si sbraccia… fantastico! Sto
arrivando al traguardo… Marathon desSables… FINITAAAA!! Abbraccio mia moglie, mi sembra surreale… lei li a vedermi arrivare,
e io che sono reduce da una settimana nel deserto percorrendo 240km in autosufficienza…?? Mah…!
Attendo il mio turno per farmi mettere la medaglia al collo da Patrick Bauer, non dimentico certo di prendere il mio consueto
bicchiere di the (come ogni fine tappa)… e finalmente mi posso rilassare.
La serata trascorre serena: io mi godo la presenza di mia moglie (ho cosi tante cose da raccontarle!) e la premiazione con
lo spettacolo (concerto dell’Opera di Parigi), anche se inizio a sentire la fame, probabilmente una condizione nella
quale mi trovavo da giorni, ma inconsapevole grazie alla forte adrenalina che ora però sta scemando. Torno alla tenda e
trovo tutti già in piena fase REM… questa notte dormiremo sicuramente tutti più tranquilli avendo la nostra tanto sofferta
medaglia al collo
Questa mattina al risveglio tutto sembrava diverso: la tensione e l’adrenalina che aveva caratterizzato tutte le mattine
dell’ultima settimana si è dissolta, sia io che i miei compagni di tenda siamo visibilmente più rilassati.
Sebbeneavevo creduto e sperato di correre insieme a mia moglie anche quest’ultimo tratto la mia contrattura non me lo
permette, cosi mi ritrovo a zoppicare per tutta la tappa, ma vedo che anche tra gli altri partecipanti non ce ne sono molti
che ancora conservano molta voglia di correre… direi che è più una bella “camminata” nel deserto, dove le persone
(e chi come me era stato raggiunto dalla propria famiglia) non la smette di raccontare tutto quello che ha vissuto
negli ultimi 7 giorni. Sono felice che lei sia qui, che possa vedere e sentire cosa significa percorrere anche un
breve tratto di percorso nel deserto… testimoniare che ogni passo qui è impegnativo, ogni piccola duna sembra una
vera e propria salita, che l’acqua finisce in fretta, e non ti rendi nemmeno conto di averla bevuta (anche se è calda…!),
che il vento può sembrare piacevole perché allevia la calura ma che può diventare anche fastidioso quando ti scalfisce
per ore e ore sulla faccia… ma non può (per sua fortuna) sentire il male atroce che ho nella gamba!!!!!!!!
L’unica cosa che riesce a sconcentrarmi dal godere di questi ultimi momenti qui è il sapere che all’arrivo al traguardo
ci daranno del cibo… passata l’adrenalina… ora ho solo fame!!! (e male…)
Tante cose ho capito nel deserto: innanzitutto che la sabbia mi è entra dentro, che qui si ritorna all’essenziale e si capisce
quanto siamo fortunati rispetto alle persone che non hanno nulla. Che ci sono dei legami che nascono in un istante, persone
che ti camminano a fianco anche solo per un tratto della tua vita, che condividono con anche solo un giorno, una settimana,
e inconsapevolmente ti cambiano la vita.
E una cosa in particolare mi ha reso felice: che la particolarità di ciò che ho vissuto abbia fatto riavvicinare alcune
persone che forse si erano un po’ allontanate, complice la condivisione della tensione, delle gioie e delle mie esperienze
vissute da casa.
Ringrazio mia moglie Laura per la pazienza che ha saputo mantenere durante il mio periodo di allenamento e per avermi
raggiunto ed avermi visto con emozione tagliare il traguardo…
Ringrazio un grande campione, Paolo Barghini, che ha saputo credere in me e prepararmi molto bene… cosi bene che sono
addirittura riuscito a stupirlo con il mio risultato!
Ringrazio i miei compagni di allenamento, Edoardo Moos e Lorenzo Binaghi, con i quali abbiamo macinato tanti, ma tanti,
ma tanti km insieme e con i quali è stato bello preparare (e vivere) quest’avventura. E non posso non rivolgere un
ringraziamento particolare a Edoardo, dapprima per avermi fatto nascere la voglia di partecipare alla MdS e non da meno
per il supporto e le cure che mi ha prestato prima e durante la gara.
Ringrazio anche gli altri miei compagni di tenda, Filippo, Luca, Michele ed Eros per il legame che si è creato e per aver
saputo rendere ancora più speciale questa esperienza.
Ringrazio tutte le persone che ho incontrato e che mi hanno aiutato durante la gara (praticamente ho avuto l‘aiuto di
mezza Sardegna!!): sono rimasto meravigliato dalla solidarietà che si può venire a creare in un contesto simile…
E grazie a chiunque mi abbia seguito, supportato e inviato una mail mentre ero in gara.
E da ultimo mi permetto di ringraziare me stesso… per averci messo il cuore e l’anima per questo 38. posto!!!
Racconti | 3 Commenti
Ivan Iannitti - giovedì 24 luglio 2014 10.08
Ciao penso che la tua sia un'esperienza unica, dopo il tuo racconto e l'esperienza diretta
di mio fratello sono giunto alla conclusione di voler partecipare ad una delle
prossime gare..
Ti sarei grato se mi indicassi la strada giusta per un allenamento idoneo ad una gara
così importante.
Grazie mille in anticipo.
Ivan Iannitti
Ciao Ivan, ti ringrazio per il commento. Il mio buon risultato è sicuramente il
frutto di tanta dedizione, impegno e costanza ma soprattutto di un grande preparatore
come lo è Paolo. Ti consiglio vivamente di prendere contatto direttamente con lui,
sono sicuro che saprà consigliarti al meglio.
Saluti
Ciao Christian,
bella impresa! Complimenti!
Ho fatto 2 volte la 100 km del Sahara, ma credo che le due manifestazioni, sia per l'autosufficienza
alla MdS che per il chilometraggio diverso, non si possano paragonare.
Mi ha molto interessato il particolare dei calzini che non andavano bene. Potresti
contattarmi, per favore? Ne vorrei sapere di più. Grazie!